Tra le prestazioni oggi erogabili in televisita la quota di quelle effettivamente fornite è tra l’1 e il 5% nell’86% delle aziende sanitarie che dispongono del servizio. È un dato estratto per Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, dalla Ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, presentata integralmente nel corso dell’evento “Sanità Digitale: trasformare il presente per un futuro sostenibile” a Milano. “Stiamo utilizzando solo l’1% delle potenzialità attuali dei sistemi di telemedicina“, commenta il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore. “Attraverso la tecnologia oggi potremmo migliorare l’efficienza, l’accessibilità e la qualità delle cure ma non riusciamo a superare barriere culturali o organizzative che impediscono una più ampia adozione dei servizi in favore dei pazienti”, aggiunge.
Meno di 1 struttura pubblica su 2 ha attivato servizi di televisita
Eppure, come emerge dalla ricerca, il 40% delle strutture sanitarie pubbliche ha attivato stabilmente servizi di televisita, mentre un altro 40% ha in corso sperimentazioni o le attiverà entro fine anno. Il teleconsulto è utilizzato nel 52% delle aziende, seguito dai servizi di telemonitoraggio al 40%. Il 29% delle strutture ha attivato o sta sperimentando servizi di teleconsulto tra medici di medicina generale e ospedale. La televisita, ricordiamolo, è una visita medica a distanza tra un paziente e un medico, viene effettuata attraverso piattaforme di telemedicina e consente ai pazienti di ricevere diagnosi senza doversi recare fisicamente presso lo studio medico o l’ospedale. Il teleconsulto, invece, è una consulenza medica a distanza tra medici o tra un medico e altri operatori sanitari per discutere di casi clinici complessi, condividere competenze specialistiche o prendere decisioni diagnostiche e terapeutiche.
La telemedicina può essere un aiuto contro la carenza di sanitari e le liste d’attesa
“Alla vivacità delle iniziative nel campo dell’innovazione e della telemedicina che vengono svolte in molte aziende non si accompagna il cambiamento nelle regole che è il vero presupposto per una diffusione su larga scala di questa modalità assistenziale”, sottolinea Migliore. “La telemedicina potrebbe essere di grande aiuto nella risoluzione di due grandi problemi della sanità come la mancanza del personale sanitario e le liste d’attesa. Potremmo, ad esempio, portare visite specialistiche in aree periferiche, ottimizzando la gestione del tempo dei medici e dei pazienti, riducendo – continua – l’attesa per appuntamenti e follow-up. Effettuare il monitoraggio costante dei pazienti con malattie croniche al loro domicilio, potremmo portare ciò di cui il paziente ha bisogno, lì dove ne ha bisogno. Ma tutto questo non deve più restare circoscritto negli appuntamenti sulla telemedicina ma fare effettivamente parte del patrimonio del nostro sistema sanitario nazionale”.
L’ostacolo delle risorse e le barriere culturali da superare
Tra le barriere individuate dalle aziende rispetto allo sviluppo dell’innovazione digitale ci sono le risorse economiche limitate. Per i servizi di Telemedicina sono stati stanziati dal Pnrr circa 1,5 miliardi di €. L’impatto sulla spesa per la Sanità digitale però deve in realtà ancora manifestarsi appieno, nonostante ci sia stato un aumento del 22% rispetto al 2022. Riguardo la rimozione delle barriere culturali nell’impiego di servizi di telemedicina, il 66% delle direzioni strategiche ha dichiarato che sta iniziando ad esserci consapevolezza da parte della maggior parte dei professionisti rispetto ai benefici della telemedicina e nel 28% dei professionisti c’è piena consapevolezza e positività e si stanno progressivamente impiegando indicatori per misurarne l’impatto sui servizi erogati.
Migliore: “Dobbiamo fare tutti di più”
“In questo momento le risorse ci sono e non possiamo più perdere tempo”, sottolinea Migliore. “Dobbiamo potenziare l’agenzia italiana per la sanità digitale, fare formazione per sviluppare competenze e professionalità nuove, dai dirigenti per i quali lo stesso Pnrr ha previsto e finanziato corsi, giù a caduta sugli altri attori del servizio sanitario, fino ai medici di medicina generale. Dobbiamo fare tutti – conclude – di più per colmare il divario tra i servizi disponibili e il loro effettivo utilizzo”.
V.A.