La strutturata proposta della Federazione italiana dei medici di medicina generale per il futuro della medicina di famiglia è forse interpretabile come la risposta più articolata al Documento delle Regioni, uscito nei giorni scorsi, e che non poco dibattito ha suscitato.
“La pandemia” scrive la Fimmg nel suo documento “in questo lungo periodo emergenziale, ha evidenziato tutti i limiti dell’organizzazione del sistema di Cura nel nostro paese che da tempo richiede una profonda riforma di sistema. In questo contesto si sono acuite tutte le difficoltà che i professionisti della salute, in particolare i medici, incontrano nel garantire l’assistenza ai cittadini. I medici, in particolare i medici di famiglia, si sono fatti carico con sacrificio, generosità e senso di responsabilità di garantire l’assistenza ai cittadini in un contesto organizzativo e logistico condizionato da anni di disinvestimento sul sistema salute del nostro paese ed in particolare sulle cure territoriali. FIMMG condivide e sostiene l’obiettivo della “questione medica”, esclusa dal PNRR che non investe sui professionisti bensì esclusivamente sulle strutture edilizie. L’esperienza della pandemia, come tutte le grandi crisi, è oggi una grande opportunità perché si realizzi l’evoluzione delle cure territoriali ed in modo particolare della Medicina Generale. Il PNRR, nel definire la riorganizzazione delle strutture territoriali, dovrebbe avviare nel nostro Paese la discussione sull’evoluzione dell’intero sistema di cura territoriale che deve avere per la Medicina Generale come punto di riferimento i concetti imprescindibili di
• fiduciarietà
• professionalismo
• autonomia organizzativa e associazionismo
• prossimità, capillarità e sostenibilità ambientale
• innovazione
Il mutare del contesto socio-demografico ed epidemiologico, l’invecchiamento della popolazione, l’innovazione tecnologica e diagnostica, rendono indispensabile l’adeguamento dello standard organizzativo della Medicina Generale”.
La case di Comunità non bastano
Nell’articolato documento di proposta della Federazione entrano nel mirino anche le Case di Comunità previste nel PNRR. “L’esperienza della pandemia” scrive la Fimmg “ha evidenziato le problematiche legate soprattutto alla frammentazione di alcune aree strategiche. Le Case di Comunità possono rappresentare indubbiamente un’ulteriore opportunità solo se realizzeranno un’offerta assistenziale integrativa e non sostitutiva nel sistema attuale delle cure territoriali, opportunità che solo in questo modo sarà di potenziamento come sembra dichiarare politicamente l’investimento del PNRR. Integrare nella Casa di Comunità il primo punto di accesso, la struttura burocratica amministrativa, la tecnostruttura, le specialità, non può certo migliorare l’accesso al servizio, quanto renderlo sempre più distante dai bisogni quotidiani e “generalistici” dei cittadini. Un approccio ideologico, teorico, senza alcuna chiarezza circa il ruolo che si svolgerebbe all’interno, ha larghi margini di incertezza circa l’effettiva efficacia e sostenibilità”.
Le proposte
“Lo strumento per determinare la riorganizzazione della medicina generale è certamente un nuovo ACN che dovrà prevedere adeguati strumenti per il raggiungimento degli obiettivi fin qui descritti.
1. Definizione di uno standard clinico assistenziale e organizzativo della medicina generale per attività clinico-assistenziali uniformemente garantite sul territorio nazionale. Il singolo MMG, attraverso l’ACN, è titolare del rapporto fiduciario e di libera scelta del cittadino. L’offerta assistenziale, sulla base dei criteri definiti dal contratto nazionale viene garantita dal MICROTEAM – unità elementare MMG, personale sanitario e amministrativo – il cui standard organizzativo minimo deve essere individuato in base ai compiti assistenziali e definiti nell’atto di indirizzo e in un nuovo ACN.
I microteam sono organizzati, in relazione ai bisogni assistenziali della popolazione assistibile, in modalità associative diverse con possibilità di condivisione del personale di studio, degli spazi, della rete informatica etc. Il personale di studio del MicroTeam è assunto direttamente dal MMG (o fornito da cooperativa o società di servizi) secondo il relativo e specifico contratto nazionale di lavoro.
Le associazioni della medicina generale dell’ambito territoriale o di parte di esso, sempre in relazione al bisogno assistenziale ed al contesto locale, sono organizzate in AFT – Aggregazione Funzionale Territoriale, forme organizzative monoprofessionali funzionali e non strutturali, di cui fanno parte i MMG a Ruolo Unico di Assistenza Primaria a ciclo di scelta e quelli a quota oraria assegnati alla medesima AFT, integrati in un modello H12 / H16 / H24 a seconda delle caratteristiche, esigenze e progettualità del territorio in cui sono inserite.
Le AFT, o più AFT insieme, possono rappresentare l’unità cosiddetta “spoke” della Casa della Comunità. In tale contesto, unità spoke, vengono erogati i servizi di primo livello e l’accoglienza.
Il modello funzionale rappresenta una modalità di rete con la Casa della Comunità (CdC) dove per motivi di carattere contestuale territoriale e assistenziale (eventualmente da definire) il collegamento tra la CdC (HUB) e gli medici (SPOKE) è di natura funzionale. Trovano sede nella CdC i servizi di carattere generale (Assistenza Domiciliare, UVI/UVD/UVGM, PUA, CUP, punto prelievi, riabilitazione, ecc.) e l’assistenza viene erogata prevalentemente nello studio e/o al domicilio del paziente attraverso le Unità Professionali Territoriali (MicroTeam), indipendentemente dai modelli associativi utilizzati (singolo, rete o gruppo).
Il collegamento funzionale prevede la condivisione delle informazioni assistenziali, la risposta h24 alla cosiddetta indifferibilità (116.117), modelli di presa in carico proattiva e la strutturazione di un servizio di telemedicina e di diagnostica di primo livello nello studio (SPOKE) del MMG, anche come sede di riferimento, che potrà essere singolo o associato, anche al fine di sviluppare una rete di assistenza domiciliare per i fragili e le cronicità. In particolare le CdC possono rappresentare uno strumento di integrazione delle prestazioni erogate nel territorio, attraverso la creazione di reti di prossimità, strutture e attività di telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale in modo da coordinare i servizi offerti sul territorio, favorire la multidisciplinarietà dei professionisti della salute nella integrazione socio-sanitaria, nonché la domiciliarità delle cure che diventa il luogo elettivo della assistenza e dell’accompagnamento lungo i percorsi di salute. In tutte queste attività, il ruolo in presenza dei medici di famiglia nella Casa di Comunità non può essere confuso con un sistema di guardia medica ma come la presenza dello specialista della persona.
In questa prospettiva la organizzazione della medicina generale si trova in una posizione favorevole e appropriata per conferire al nuovo modello delle Case di Comunità quella necessaria flessibilità, integrazione, sinergia e progressività necessarie alla loro piena realizzazione anche in relazione a fattori contestuali quali le condizioni oro-geografiche, densità e dispersione di popolazione, diffusione degli studi medici, domiciliarità, ecc., e assistenziali come la fiduciarietà del rapporto, conoscenza approfondita e di lunga durata, prossimità, approccio pro-attivo, presa in carico complessiva, estensività, ecc., favorendo la costruzione di un modello HUB-SPOKE in grado di costruire e rafforzare una rete di prossimità e pro-attività territoriale”.