È tempo di capire come utilizzare al meglio le risorse che arriveranno per il Piano di ripresa e resilienza, in modo da attuare azioni coordinate che puntino all’efficientamento e all’equità territoriale della sanità, condividendo buone pratiche e tornando a mettere al centro la formazione
di Michela Perrone
Da una parte il Pnrr pone sfide entusiasmanti, dall’altra presenta anche una serie di incognite. In queste settimane il dibattito per quel che riguarda il ruolo dei professionisti e le interazioni tra loro è intenso: oltre alle nuove strutture territoriali, infatti, si dovranno costruire nuovi modi di collaborazione all’interno del Ssn.
Nell’ultimo Sanitalk del 2021. “Dal Pnrr alla sanità reale. Una roadmap per manager e professionisti”, si è affrontato proprio questo nodo, per capire come si stanno muovendo i vertici delle aziende sanitarie e dei distretti per riuscire nell’impresa che si trovano di fronte.
Momento di espansione
In apertura Domenico Mantoan, direttore generale Agenas, ha sottolineato come i prossimi mesi e anni siano cruciali: “Negli ultimi 10 anni chi si è occupato di programmazione in sanità ha compresso le esigenze per far quadrare i bilanci. Ora invece siamo in un momento di espansione e per la prima volta il Pnrr crea una nuova organizzazione del territorio”.
Dopo anni di tagli, a partire dal 2021 sono state aumentate le risorse destinate alla sanità e sono stati allentati alcuni alcuni tetti come quello sul personale.
“Ora è importante andare a declinare queste nuove forme di organizzazione del territorio, assieme al grande investimento che stiamo facendo in telemedicina – ha continuato Mantoan, assicurando che – il dm 71 è in dirittura d’arrivo e sarà il documento che darà l’anima di questa nuova organizzazione territoriale. È fondamentale allocare in maniera corretta le Case-hub perché attorno a loro si lavorerà per andare a sviluppare il territorio. Così come sarà fondamentale interpretare bene le centrali operative territoriali”.
Da ultimo, ma non meno importante, va rivista l’organizzazione della medicina generale, anche agendo su modifiche dell’Acn, in modo da permettere ai mmg di lavorare in modo integrato all’interno delle Case della comunità. “Si tratta di una grande sfida per chi si occupa di programmazione”.
La casa diventa centrale
“La pandemia ha individuato alcuni aspetti importanti, ma ha anche evidenziato come il territorio non sia riuscito a rispondere in modo adeguato perché troppo frammentato – ha ricordato Daniela Donetti, direttore generale Asl Viterbo – Noi da due anni stiamo lavorando alla casa come primo luogo di cura, un aspetto centrale perché si tratta del luogo più difficile, che deve diventare un posto dove tutti i professionisti convergono nella presa in carico del paziente”.
Nella strategia aziendale messa in campo, “sono stati identificati i percorsi e le tecniche di funzionamento anche in logica di telemedicina e si è lavorato alla costruzione di tecniche di valutazione multidimensionale condivise anche con i Comuni e gli altri attori sul territorio. L’obiettivo è stato costruire un linguaggio comune per la valutazione complessiva di quelli che abbiamo chiamato progetti di salute, che contengono non solo il Piano assistenziale individuale ma anche il percorso dell’ospedale e le attività di prevenzione. Abbiamo poi presentato i risultati din questo lavoro in un congresso a novembre: riteniamo fondamentale condividere percorsi e buone pratiche”.
Il fattore umano è decisivo
Gianfranco Finzi, presidente Anmdo, ha sollevato il problema del personale: “Dovremo fare in modo che non ci sia uno svuotamento delle risorse umane dall’ospedale al territorio – ha detto – Occorre ridisegnare all’interno degli ospedali stessi il ruolo del management e middle management.
Per fare questo, ritengo necessaria una riforma sanitaria che ridisegni ruoli, funzioni e strutture”. Per assicurare personale sanitario in quantità e qualità, poi, occorre agire sul nodo della formazione: “Credo che scuole per i direttori di distretto, per esempio, siano utili – ha affermato Antonio D’Urso, direttore generale Asl Sud Est Toscana e vice presidente Fiaso – Il middle management è un’ossatura importante su cui negli anni scorsi non si è investito molto, preferendo figure cliniche a quelle organizzative di cui oggi si scopre il carattere strategico. La sfida che ci aspetta non è solo nella realizzazione delle strutture, ma anche nel coordinamento e nella gestione”.
E Marcello Pani, segretario nazionale Sifo, ha evidenziato come il farmacista possa essere una figura importante, abituata a interfacciarsi con professionalità diverse. Durante l’ultimo congresso della Società scientifica, inoltre, è stato presentato l’on delivery, un progetto pilota che partirà in tre regioni e che prevede, “oltre alla consegna del farmaco a casa, il portare anche un concetto di salute e sanità con empowerment e engagement del paziente, che sarà uno strumento utile anche per la governance del farmaco dei nostri pazienti – ha spiegato Pani – Una App consentirà di registrare l’aderenza, la persistenza e gli effetti avversi a carico del paziente, coinvolgendo tutti gli stakeholder”.
Serve equità territoriale
Per Michelangelo Caiolfa, Federsanità Anci Toscana, “serve visione e coinvolgimento. Bisogna creare una visione del cambiamento attraverso il coinvolgimento diretto delle professionalità nel nuovo sistema, che deve essere integrato e diffuso sull’intero territorio nazionale. Si tratta di costruire un sistema che abbia l’ambizione non solo di andare a prendere i bisogni complessi di salute espressi in fase acuta, ma che riguardi in modo strutturato anche le aree della cronicità, della disabilità, della fragilità e dell’inclusione”.
L’integrazione socio-sanitaria è al centro anche dell’intervento di Gennaro Volpe, presidente della Card: “Siamo in un momento storico: per la prima volta si investirà sul distretto. È quindi decisivo rivendicare il ruolo che questo ha, a garanzia di equità e delle prestazioni che devono essere erogate dal cittadino. È ora di mettere per davvero il cittadino al centro del sistema, non solo di dirlo”. Per farlo, occorre lavorare sulla presa in carico del paziente, favorita dalla digitalizzazione, e “puntare a una forte integrazione tra la medicina generale e la specialistica ambulatoriale. Fatto questo passo culturale, però, è indispensabile rendere omogenea l’attività distrettuale in tutte le regioni. Spero che il dm71 garantisca un’equità che finora è spesso mancata a livello nazionale”.