Il rapporto tra sanità pubblica e privata è da sempre al centro di dibattiti e quasi sempre, di carattere polemico.

Da un lato chi sottolinea la difficile coesistenza tra i valori etici e universalistici di un Servizio sanitario nazionale solidaristico e un settore di diritto privato che, in quanto tale, non può essere certo demonizzato se declina le proprie attività anche in una prospettiva imprenditoriale, ma è spesso tacciato di “scegliersi le prestazioni da erogare, quasi sempre le più remunerative”

Dall’altro chi invece ne difende non soltanto il diritto ad esistere ma ne sottolinea, alla luce del vincolo inscindibile che lo lega alla cd. “committenza”, la possibilità di operare secondo un unico modello “dove le prestazioni delle strutture di diritto privato del SSN non sono scelte, bensì assegnate dal Pubblico e dove il privato accreditato è l’unico remunerato sulla base di tariffari nazionali, quando invece le strutture di diritto pubblico continuano a essere finanziate a piè di lista, a copertura di inefficienze e sprechi”.

Tutto è vero, non è vero o verosimile a seconda del punto di vista.
E se nel rispetto del dettame costituzionale, il nostro Paese decidesse di salvaguardare il valore e l’identità di un Servizio Sanitario Nazionale così prezioso, investendo seriamente in esso, la diatriba pubblico-privato avrebbe ben poca ragion d’essere.

Due facce inscindibili di una stessa medaglia che potrebbe essere d’oro e che invece sembra più bronzea. O peggio, di legno.

CONDUCE IN STUDIO

CORRADO DE ROSSI RE

Sics - Quotidiano Sanità

PARTECIPANO

Andrea Quartini

XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati

Paolo Petralia

Vice Presidente Vicario FIASO

Rosa Borgia

Vicepresidente CARD

Paolo Serra

Consiglio Direttivo SIFO



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