Lettere al Direttore. “Medici a gettone nei reparti di pediatria: serve chiarezza”

Gentile Direttore,

i giudizi negativi sull’utilizzo nelle strutture ospedaliere di medici a gettone espressi in queste ultime settimane da più parti, compreso quello del ministro Schillaci, hanno riportato in evidenza la mancanza nel nostro Paese di un numero adeguato di specialisti. Un fenomeno frutto di vent’anni di errori di politica sanitaria che senza contromisure immediate rischia di paralizzare il Servizio Sanitario Nazionale.

I reparti di Pediatria e di Pronto Soccorso ed il 118, sono quelli che più frequentemente fanno ricorso ai medici gettonisti tanto che la loro presenza in molte di queste strutture, per evitarne la chiusura.  è diventata pressoché strutturale.

La Pediatria ospedaliera vive ancora di più questo problema per il maggior numero di dimissioni volontarie registrate in questi ultimi anni rispetto ad altri reparti ospedalieri (molti pediatri ospedalieri hanno scelto di passare alla pediatria di libera scelta), e per il ridotto numero di neospecialisti che scelgono il rapporto di lavoro a tempo indeterminato in ospedale (la maggior parte sceglie il rapporto di lavoro convenzionato anche solo come “medico sostituto” o contratti a termine in università)

Le prospettive future per l’assistenza pediatrica del nostro Paese appaiono comunque confortanti considerato il vistoso aumento del numero delle borse di specializzazione che si è registrato negli ultimi anni: 616 nel 2019, 800 nel 2020, 954 nel 2021, 827 nel 2022. Questo potrà garantire un adeguato turnover, sia nelle strutture ospedaliere che in quelle territoriali. Restano comunque insoluti gli attuali problemi

Tra le soluzioni a questa situazione, l’adozione di nuovi modelli organizzativi/legislativi che consentano di superare le barriere che fino ad oggi hanno separato l’assistenza ospedaliera da quella di famiglia. In altri termini, come avveniva in passato, permettere ai pediatri di ibera scelta di lavorare anche in ospedale, d’altronde molti di loro sono ex ospedalieri e non avrebbero alcuna difficoltà a lavorare in ospedale.

Altre soluzioni più immediate  sono le convenzioni tra Aziende Ospedaliere/AULSS (attualmente queste prestazioni sono pagate 100 euro/ora più spese di viaggio),le prestazioni incentivate per i pediatri ospedalieri dei reparti interessati (60 euro /ora), il Decreto Calabria, che permette agli specializzandi degli ultimi anni di lavorare a pieno titolo con rapporto di lavoro a tempo determinato, ma che la cui applicazione è risultata purtroppo del tutto marginale, ed infine i medici liberi professionisti, cosiddetti “a gettone” che invece per mancanza di altre soluzioni sono risultati i più presenti.

Il ricorso alla prestazioni dei medici a gettone, in condizioni di estrema necessità e nei casi in cui non sia possibile attuare misure alternative, appare attualmente una soluzione possibile, specie in alcuni reparti di Pediatria nei quali l’assistenza può essere garantita  solo con l’intervento di questi sanitari, liberi professionistiche che  svolgono la loro attività o con un rapporto di lavoro autonomo, o mediante cooperative oppure, più raramente, mediante rapporti di lavoro universitario (borse).

I medici a gettone autonomi in pediatria ricevono un compenso di circa 60 euro/ora mentre quelli che lavorano mediante cooperative hanno un compenso variabile circa tra 100 e 120 euro/ora. Si può facilmente intuire perché sempre più liberi professionisti si sono recentemente iscritti a queste organizzazioni. Per ridurre questo fenomeno appare necessario aumentare il compenso dei liberi professionisti autonomi a 100 euro/ora, come per le convenzioni ospedaliere ed altre specializzazioni. Non va dimenticato che il libero professionista autonomo è reclutato mediante una selezione pubblica governata dall’Azienda e questo permette un maggior controllo sulle sue competenze, sulle eventuali incompatibilità, sugli orari di lavoro. Il professionista è inoltre inserito nei turni di servizio dal Direttore Responsabile della struttura, non tramite un intermediario come la Cooperativa. Allo stesso potrebbe anche essere richiesto   un breve periodo di training nella Unità operativa per conoscerne meglio l’organizzazione, le regole, i protocolli per favorire così il suo migliore inserimento in quel contesto lavorativo.

In questo contesto appare inoltre indispensabile ridefinire gli aspetti legislativi che riguardano le esternalizzazioni di servizi sanitari. Non è infatti possibile applicare ancora oggi le stesse leggi per appalti di servizi come mense, strade o altro alle prestazioni mediche ed infermieristiche.

In conclusione, appare sempre più evidente che la soluzione dei medici a gettone adottata per sostenere attualmente la pediatria ospedaliera è del tutto inadeguata e dovrà essere superata al più presto. Per farlo sarà necessario:

1. una programmazione sanitaria in grado di formare i medici specialisti di cui c’è bisogno,

2. un’adeguata retribuzione dei pediatri ospedalieri,

3. la realizzazione di un nuovo modello assistenziale che metta in rete pediatri ospedalieri e territoriali,

4. unità operative di Pediatria con un bacino d’utenza più ampio (250-400 mila abitanti) rispetto a quello attualmente indicato (150-300mila), con conseguente riduzione del numero complessivo delle strutture esistenti, (anche per la grave denatalità registrata nel nostro Paese),

5. la definitiva chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti/anno, come da Indicazioni Ministeriali – Comitato Percorso Nascita Nazionale.

 

Domenico MINASI, Presidente – Simone RUGOLOTTO Segretario Organizzativo

Coordinamento Nazionale Primari di Area Pediatrica

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