Dico Sanità 2024. Reti oncologiche, l’esperienza della Toscana e le sfide per il futuro di un ecosistema digitale a supporto delle cure di prossimità

I progressi degli ultimi anni nel settore oncologico hanno cambiato il volto di uno dei mostri più temuti per la salute. Gli screening, le diagnosi tempestive e le terapie farmacologiche hanno trasformato in molti casi il tumore in una malattia cronica. Questo ha cambiato molto il modo in cui oggi si guarda ai tumori. Sempre più importante è la disponibilità di farmaci con un buon equilibrio tra efficacia e tollerabilità, che permettano ai pazienti di condurre una vita quasi normale senza eccessivi effetti collaterali o costi aggiuntivi per il Ssn. Terapie orali innovative ed efficaci stanno inoltre creando le condizioni per una gestione della malattia sempre più in ambito territoriale e domiciliare. Ma il benessere del paziente dipende da un mix di fattori e di servizi, come il sostegno nutrizionale o lo psicologico, per citarne due. La gestione del paziente oncologico richiede, allora, un approccio multidisciplinare e integrato.ù

Un recente rapporto Agenas pone la rete oncologica della Toscana al primo posto in Italia per la cura e l’assistenza ai pazienti oncologici. Parte da Firenze il primo dei Regional Summit 2024 di DiCo Sanità, progetto di Digitalizzazione Collaborativa promosso da Bayer Italia per favorire sinergie tra soggetti pubblici e privati per una sanità sempre più a portata del cittadino. Nel corso dell’evento Federico Gelli (direttore della Direzione Sanità, welfare e coesione sociale, Regione Toscana), Claudio Marinai (responsabile di Settore per Assistenza Farmaceutica e Dispositivi, Regione Toscana), Gianni Amunni (coordinatore scientifico ISPRO e direttore Dipartimento Oncologico Careggi), Lorenzo Antonuzzo (professore associato Oncologia Medica del Dipartimento Medicina Sperimentale e Clinica Università di Firenze), Lorenzo Livi (direttore Radioterapia AOU Careggi) e Lorenzo Masieri (direttore UOC Urologia Pediatrica dell’AOU Meyer, Coordinatore GOM – Gruppo Oncologico Multidisciplinare, AOU Careggi) hanno illustrato quali sono gli ingredienti necessari per offrire ai pazienti un’assistenza oncologica di alto livello anche sul territorio.

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“Il primo elemento a caratterizzare il modello toscano di cura dei pazienti oncologici risiede nella scelta, compiuta fin da subito, di puntare su un sistema di rete territoriale”, ha spiegato Federico Gelli. “Una scelta che si è rivelata vincente: siamo considerati i primi grazie a una rete oncologica che ha competenze nei diversi ambiti che interessano la malattia oncologica (diagnosi, cura e ricerca); abbiamo in Ispro (l’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologia) uno strumento straordinario per individuare gli screening delle patologie tumorali più diffuse su cui lavorare, grazie al quale a breve lanceremo una campagna di screening del colon retto e sangue occulto delle feci che sarà basato su un nuovo modello organizzativo e sul coinvolgimento delle farmacie. Abbiamo un approccio al tumore a tutto tondo”.

La Rete Toscana si basa su punti di accesso chiamati Cord (Centro Oncologico di Riferimento Dipartimentale), che “rappresentano il modello di assistenza territoriale hub and spoke, come definito nel DM 77. Questo approccio facilita la condivisione dei percorsi assistenziali e la collaborazione tra professionisti di diverse discipline, al centro ovviamente c’è il paziente”. Il direttore della Direzione Sanità, welfare e coesione sociale della Regione ha sottolineato l’impegno della Toscana anche sul fronte dell’accesso tempestivo ai farmaci di ultimissima generazione.

Ma la Regione non si accontenta: “La scommessa per il futuro è il potenziamento della sanità sul territorio. Siamo certi che le case di comunità, che saranno più di 130, tra cui 77 hub aperti h24 e 7 giorni su 7, le Cot e il numero 116-117 si riveleranno strumenti di valorizzazione la Rete oncologica, anche grazie alle potenzialità del digitale. In particolare la Toscana, in questo ambito, sta puntando sulla Cartella unica digitale regionale (CR1) e su un’unica infrastruttura digitale del territorio che si interfaccerà con la cartella clinica ospedaliera e che costituirà “un ecosistema digitale ospedale-territorio e territorio-ospedale che, consentirà un continuo scambio di informazioni e quindi di realizzare un’assistenza oncologica sempre più di prossimità”, ha concluso Gelli.

La rete oncologica toscana è sicuramente un modello efficiente, ma deve parte della sua efficienza all’innovazione terapeutica che negli ultimi 10 anni ha segnato in oncologia passi da gigante. “L’approccio alle patologie oncologiche sta cambiando – ha detto Claudio Marinai -: da una parte assistiamo alla cronicizzazione di molte forme tumorali, dall’altro all’avvento di nuove terapie orali. È una realtà straordinaria, che però dobbiamo impegnarci a rendere facilmente accessibile ai pazienti, anche delocalizzando il farmaco”.

Il responsabile di Settore per Assistenza Farmaceutica e Dispositivi della Regione Toscana pensa a due canali preferenziali a cui affidare l’erogazione di alcune terapie oncologiche sul territorio: le case di comunità e le farmacie convenzionate: le prime per quanto riguarda l’accesso alle terapie endovenose di consolidata assunzione; le farmacie per la distribuzione capillare delle terapie orali che possono essere somministrate a domicilio. “Io credo che organizzativamente siamo già pronti, la distribuzione dei vaccini Covid lo ha dimostrato”. L’unico rischio potrebbe riguardare l’aderenza terapeutica: “Dobbiamo arrivare preparati al futuro e creare un modello organizzativo che mentre delocalizza l’accesso ai farmaci, in qualche modo ne monitora realmente l’assunzione da parte dei pazienti”.

Tuttavia la questione non investe solo la volontà regionale: “La legislazione oggi inquadra molti di questi farmaci in ambito ospedaliero ed è solo lì che, allo stato attuale, può avvenire l’erogazione”. Per Marinai “l’Italia deve uscire da questa visione ospedalocentrica, perché gli strumenti a nostra disposizione lo consento, almeno per una parte delle prestazioni e delle terapie a cui devono sottoporsi i pazienti, ma anche perché i numeri delle prestazioni che gli ospedali devono erogare sono già oggi insostenibili dal punto di vista organizzativo”.

Anche per Lorenzo Antonuzzo i progressi medico scientifici degli ultimi anni in ambito oncologico rappresentano un traguardo ma anche l’inizio di nuove sfide. Quelle digitali, ad esempio. Il Careggi, in questo contesto, si è reso protagonista di una scelta innovativa: “Grazie alla tecnologia, è stato possibile aprire ai medici di famiglia la partecipazione alle riunioni dei Gom (Gruppi oncologici multidisciplinare), che rappresentano un momento centrale per una gestione appropriata dei pazienti. L’ambito territoriale è importantissimo, creare connessioni con i professionisti del territorio lo è altrettanto”.

Potenziare e migliorare la gestione del paziente sul territorio significa anche garantirgli migliore qualità di vita. “La cronicizzazione di molte patologie tumorali è un traguardo straordinario, ma perché lo sia davvero, la vita dei pazienti con e oltre la malattia deve essere una buona vita. Questo offrire anche quella serie di servizi – riabilitativi, psicologici e legati alla nutrizione, per fare qualche esempio – che aiutino i pazienti non solo vivano a lungo, ma vivano bene”.

Gianni Amunni ha descritto la Rete oncologica toscana paragonandola a una squadra di calcio: “In una squadra c’è anzitutto un fortissimo senso di appartenenza. In campo ci sono ruoli definiti e la convinzione che ciascun ruolo sia importante per raggiungere l’obiettivo comune: la vittoria. Una squadra di soli portieri o soli attaccanti andrebbe poco lontano”. Ancora, “ci si allena insieme, ci si abitua a dialogare da posizioni e angolazioni diverse. È fondamentale che ci sia il massimo livello di condivisione tra professionisti ma anche un mandato delle istituzioni altrettanto forte”.

Premesse queste caratteristiche, le Reti oncologiche, per il coordinatore scientifico di Ispro, devono rispondere ad alcune parole chiave: “prossimità, dando al paziente la possibilità di entrare nel sistema da una porta di accesso vicino a casa; omogeneità dell’offerta, perché i devono sapere – e credo che i toscani lo sappiano – che da qualunque parte accedano al sistema possono stare certi che la prospettiva di cura che gli viene proposta è sempre la stessa; integrazione tra diversi attori e tra ospedale e territorio; governance vera del percorso del paziente oncologico, che inizia dalla prevenzione e finisce con il follow up. Credo che la Regione Toscana abbia cercato di rispondere a tutti questi aspetti e che sia ben allenata a realizzarli”.

Ma la sfida della territorialità è applicabile ad ogni ambito dell’oncologia? Non ancora purtroppo, ha spiegato Lorenzo Livi: “Immaginare la radioterapia in una casa di comunità attualmente è difficile, perché parliamo di apparecchiature con altissima capacità tecnica ma di enormi dimensioni e fortemente complesse. Probabilmente un giorno sarà possibile, anche grazie alle innovazioni che ne ridurranno le dimensioni e semplificheranno il suo funzionamento, ma bisognerà aspettare ancora qualche anno”.

L’integrazione con il territorio, tuttavia, è fondamentale anche per il direttore della Radioterapia del Careggi: “Ormai è chiaro a tutti che lavorare da soli è un limite, non consente il raggiungimento dei massimi risultati. Ognuno ha il suo ruolo, le sue competenze specifiche, ma che vanno integrate e messe in rete”. La digitalizzazione in questo senso, secondo l’esperto del Careggi, può essere di grande utilità, in particolare attraverso il teleconsulto, “che mette a contatto l’iperspecialista con il medico del territorio consentendo anche il monitoraggio deli effetti collaterali della radioterapia e offrendo l’opportunità di gestirli al meglio insieme”.

Lorenzo Masieri ha condiviso la sua esperienza al Meyer evidenziando come siano tre aspetti che caratterizzano la realtà di un paziente oncologico pediatrico: “Anzitutto al centro non c’è solo il paziente ma l’intera famiglia, che vive su di sé la malattia più di quanto possa già avvenire con un paziente adulto. Per fortuna, poi, i casi oncologici pediatrici sono piuttosto rari e questo permette di raccogliere intorno al singolo caso tutto ciò di cui c’è bisogno molto più facilmente di quanto non sia possibile farlo laddove la casistica ha una frequenza elevata. Tuttavia, i casi pediatrici non sono facilmente standardizzabili questo implica la necessità di richiamare intorno al bambino specialisti che solitamente non vengono coinvolti. L’approccio multidisciplinare è ancora più importante”.

Un’altra criticità dell’aria pediatrica riguarda la scarsa presenza e distribuzione degli ospedali pediatrici nel Paese. Di conseguenza molte famiglie finiscono per percorrere anche grandi distante. “C’è quindi bisogno di un setting che dia sicurezza a queste famiglie, a volte anche per tempi molto lunghi”. Per questo, secondo Masieri, è più importante che mai creare le condizioni per gestire il paziente sempre più a domicilio: “In Toscana abbiamo attivato anche un servizio di oncologia pediatrica a casa, proprio perché sappiamo quanto sia importate permettere la più lunga permanenza possibile tra le mura domestiche”.

Masieri ha infine richiamato all’integrazione e alla multidisciplinarietà riferendo che il Gom del Careggi prevede ora anche la presenza del geriatra e dell’endocrinologo ed è pronto ad aprirsi ad altre figure professionali.

A tirare le somme del Regional Summit Gianni Amunni, secondo il quale “l’obiettivo che la rete oncologica toscana si deve dare è quello di fare passare attraverso il Gom la totalità dei casi di tumore sul territorio regionale. Altro obiettivo, far diventare la valutazione del Gom parte integrante della cartella clinica”. L’ideale, per il coordinatore scientifico di Ispro, è che “si regolarizzino anche momenti di valutazione multidisciplinare in fase pre-chirurgica, post-chirurgica e in ogni momento in cui si verifichi un importante cambiamento”.

Il “core” del Gom inoltre, per Ammuni, “si deve allargare sempre di più, perché non è sufficiente che ne facciano parte lo specialista di organo chirurgo, l’anatomo patologo, oncologo medico, il radioterapista, il radiologo e il diagnosta per immagini. C’è bisogno di altre figure, di setting più efficienti, di territorio e prossimità, nella consapevolezza che la qualità di vita ha un valore terapeutico in quanto migliora la compliance del paziente a farsi curare. Questo vuole dire che qualsiasi figura professionale in grado di contribuire alla qualità di vita del paziente è un investimento in termini di outcomes”.

Lucia Conti

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