Dalla ricetta elettronica all’Educazione continua in medicina, dall’impiego dei laureati e degli specializzandi per far fronte alla carenza di specialisti a quello, in deroga al riconoscimento titoli, dei medici stranieri: sono stati questi i provvedimenti contenuti nel “Milleproroghe” che sono finiti sotto la lente d’ingrandimento della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, ascoltata in audizione al Senato, presso le Commissioni riunite I (Affari Costituzionali) e V (Bilancio).
Il presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli, partendo dal presupposto che la professione medica ha nella salute – intesa come condizione di benessere fisico e psichico della persona, in un ambiente salubre – il suo principale e fondamentale obiettivo, ha sottolineato la necessità di investire nel Servizio sanitario nazionale, per continuare a garantire universalità eguaglianza ed equità.
Bene la possibilità per il medico di continuare a inviare per mail o sms il promemoria o il numero della ricetta elettronica. La disposizione, secondo la FNOMCeO, “denota un chiaro nonché auspicato intento di velocizzare e semplificare il sistema nel primario interesse del paziente”.
Necessita di un chiarimento, invece, la norma che dà tempo ai professionisti sino al 31 dicembre 2023 per acquisire i crediti Ecm relativi al triennio 2020-2022.
“Si chiede un autorevole intervento di codeste Commissioni – ha suggerito Anelli – affinché, durante l’iter parlamentare del disegno di legge n. 452, possano essere apportate delle modifiche volte a chiarire che, mantenendo la suddivisione in trienni formativi, il periodo sul quale si estende la proroga dell’acquisizione dei crediti da conseguire nel triennio 2020-2022 sia da riferirsi all’anno 2023 con scadenza al 31 dicembre 2023”.
Anelli ha anche proposto la possibilità di crediti compensativi, definiti dalla Commissione nazionale Ecm, per recuperare quelli non conseguiti nei trienni 2014-2016 e 2017-2019.
Più in generale, ha sottolineato la necessità di migliorare e valorizzare il sistema della formazione continua nel settore salute.
“Il sistema ECM – ha ribadito – a 20 anni dal suo avvio richiede un rilancio delle sue attività, per meglio rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze del Servizio sanitario nazionale e allo sviluppo professionale”.
“Bisogna puntare sulla qualità degli eventi formativi – ha spiegato – per migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali degli operatori sanitari, con l’obiettivo di assicurare efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza all’assistenza prestata dal Servizio sanitario nazionale. La formazione deve essere adeguata alle esigenze del Servizio sanitario nazionale, che deve fare i conti con i nuovi scenari legati, ad esempio, all’intelligenza artificiale, alle inedite frontiere della bioetica, alla cronicità e, non ultima, alla multidisciplinarietà e al lavoro in equipe”.
Bene la proroga della possibilità del reclutamento a tempo determinato di laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti agli Ordini professionali; va tuttavia chiarito che può essere applicata anche agli specializzandi, così come previsto, del resto, dallo stesso decreto “Cura Italia”.
“Tale intervento – ha sottolineato Anelli – evidenzia il grande problema della carenza di medici in molte regioni italiane: problema noto e denunciato da tempo. Bisogna cambiare paradigma sulla programmazione, sburocratizzare e rendere attraente la carriera con più risorse e più dignità del lavoro. La programmazione, che spetta alle regioni, è stata impostata in questi anni sulla disponibilità di risorse economiche e non sulla reale esigenza di professionisti. La programmazione invece va fatta sulle reali esigenze e conseguentemente vanno trovate le risorse”.
“Il tema della carenza di medici – ha continuato – è legato soprattutto ad un problema di attrattività del Servizio sanitario nazionale che va risolto. Inoltre, l’eventuale eliminazione del numero chiuso determinerebbe diverse criticità: si rischierebbe di abbassare la qualità dell’offerta formativa se il numero di accessi diventasse troppo alto e, a livello più generale, non si riuscirebbe a garantire un effettivo impiego a tutti professionisti. Il punto è che l’accesso alla formazione in Medicina richiede una necessaria definizione dei fabbisogni. Dobbiamo insomma riuscire a formare il giusto numero di medici ed affrontare tale questione in modo realistico. Corretta programmazione, però, non significa solo definire il numero degli ingressi al percorso formativo: significa anche aumentare i posti letto, e ricalibrare il numero di specialisti e di professionisti sanitari per paziente, per migliorare la qualità dell’assistenza”.
Appare urgente, secondo il presidente FNOMCeO, un aggiornamento del tetto di spesa per il personale, fissato al monte salari del 2004 diminuito dell’1,4%, che limita le assunzioni. E, soprattutto, bisogna rendere più attrattivo il lavoro.
“Molti colleghi lasciano per l’estero – ha raccontato – dove gli stipendi sono migliori, e molti altri per le cooperative, dove il salario immediato è più alto e non ci sono ordini di servizio, per cui si può organizzare meglio la propria vita privata. Non solo maggiori risorse, dunque, (l’Italia è agli ultimi posti per gli stipendi dei sanitari), ma anche una migliore qualità di vita individuale, che a oggi è “inaccettabile”. Negli ospedali vi sono turni massacranti per mancanza d’organico, retribuzioni più basse rispetto al resto d’Europa, rischio più alto di contenziosi medico legali e aggressioni, poca flessibilità nell’attività libero professionale. L’organizzazione ospedaliera e territoriale deve essere, quindi, riformata”.
Infine, la questione dei medici stranieri impiegati in deroga al riconoscimento dei titoli affidato, di norma, al Ministero della Salute.
“Non vogliamo certo impedire ai colleghi extracomunitari – ha chiarito, ancora una volta, Anelli –di esercitare in Italia: quello che chiediamo è che siano verificati i loro titoli, le loro competenze e che sia controllata la loro adesione ai principi deontologici. Le procedure di riconoscimento dei titoli presso il Ministero, d’altra parte, sono ancora oggi possibili e possono essere immediatamente rese più snelle e più rapide proprio al fine di rendere disponibili, senza disparità di trattamento rispetto ai colleghi italiani, questi professionisti al sistema salute italiano”.
I medici stranieri chiamati in deroga, infatti, allo stato attuale non sono sottoposti né a una certificazione approfondita delle competenze da parte del Ministero della Salute, né al controllo deontologico da parte degli Ordini, che non possono verificare neppure la conoscenza della lingua italiana, importante perché, come dice la legge, la comunicazione è tempo di cura. E questo, secondo la FNOMCeO, crea disparità.
“Crea disparità – ha specificato Anelli – rispetto ai professionisti italiani, che devono studiare dai 9 agli 11 anni per acquisire le competenze necessarie a esercitare nel nostro Servizio sanitario nazionale, e poi iscriversi agli Ordini. Crea disparità rispetto a quei professionisti che sinora hanno seguito, come in questo caso, il normale iter. E, cosa più importante, crea disuguaglianze nell’accesso alle cure, perché i cittadini, a seconda della Regione in cui vivono, vengono affidati a professionisti con competenze e vincoli deontologici non uniformi”.
La FNOMCeO chiede pertanto di rivedere la normativa che, introdotta la possibilità della deroga per far fronte alla crisi sanitaria legata alla pandemia di Covid, la ha poi prorogata ben oltre la fine dello stato di emergenza, sino al 31 dicembre 2023, “mettendo a rischio un sistema di controlli e di garanzia per la sicurezza, appunto, delle cure e per la qualità dell’assistenza”.
“Ciò che conta – ha chiosato Anelli – è che sia garantita la qualità dell’assistenza: da qui l’invito al raccordo con il Ministero della Salute, che ha esperienza nel riconoscimento dei titoli, e con gli Ordini, che coniugano la certificazione delle competenze con l’adesione a norme etiche condivise.
Riteniamo inoltre che sia opportuno, prima di rivolgersi all’estero, esplorare tutte le possibilità in Italia, prevedendo l’impiego, sempre in via emergenziale e volontaria, dei medici specializzandi e dei pensionati”.
“In conclusione – ha finito Anelli – ribadiamo la necessità di investire nel Servizio sanitario nazionale per continuare a garantire universalità, uguaglianza ed equità anche nelle cure, favorendo il più possibile il reclutamento di laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti agli Ordini professionali, non solo per fronteggiare l’emergenza pandemica, ma soprattutto per sopperire alle carenze di personale registrate su tutto il territorio nazionale. Bisogna far fronte al problema delle disuguaglianze di salute e per questo serve una riflessione comune, per comprendere le cause e trovare soluzioni. La finalità prevalente del sistema di sanità pubblica deve essere quella di assicurare prestazioni legate a un bene di primaria rilevanza nell’ordinamento – la tutela della salute – che non può essere limitato da ragioni economiche”