Giovedì 30 marzo sono stati presentati, in un workshop all’Istituto Mario Negri, i primi risultati dell’indagine in corso sulle Case di Comunità in Lombardia coordinata dal Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria dell’Istituto. L’indagine ha per obiettivo la valutazione comparativa dei modelli organizzativi attualmente implementati nelle Case di Comunità già aperte in Lombardia rispetto agli standard previsti dalle normative nazionali e regionali in termini di struttura, servizi e personale socio-sanitario coinvolto. Al seminario hanno partecipato oltre 250 persone.
La Regione Lombardia ha programmato di aprire 216 Case di Comunità, secondo le indicazioni del PNRR, entro il 2026. Ad oggi ne risultano aperte 85 e i dati presentati hanno riguardato 47 strutture per cui l’indagine è stata completata. Attraverso una scheda predisposta ad-hoc sono state raccolte informazioni sugli aspetti organizzativi, sul loro funzionamento e sullo stato di avanzamento dei lavori. Le diverse strutture sono state personalmente visitate da un gruppo di ricercatori appositamente formati, a partire dal luglio del 2022, che si sono confrontati con i coordinatori e il personale presente.
“La fotografia che emerge – spiega Alessandro Nobili del Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria – è che le attuali Case di Comunità già avviate presentano un panorama eterogeneo per tipologie organizzative, quantità e qualità dei servizi offerti. Ad oggi, poche rispondono completamente agli standard nazionali e regionali, anche se la situazione va considerata in continua e progressiva evoluzione, anche per rispettare le scadenze imposte dalla Mission 6 del PNRR.”
“Quello che è emerso dall’analisi dei primi dati – continua Angelo Barbato del Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria – è che in genere sono state collocate in strutture già esistenti, soprattutto ex-poliambulatori, e sono il frutto di una riorganizzazione di servizi già disponibili piuttosto che la creazione e implementazione di nuovi modelli organizzativi indirizzati all’approccio interdisciplinare e al lavoro in equipe multi professionali. L’innovazione principale riguarda la dotazione di figure di nuova introduzione come gli infermieri di famiglia e comunità, che al momento coordinano ed erogano la maggior parte delle attività, mentre ancora molto limitata e frammentata è la presenza dei medici di medicina generale e il collegamento coi servizi sociali del territorio e con le associazioni del terzo settore.”
L’aspetto più interessante emerso è l’entusiasmo e l’abnegazione degli operatori attualmente coinvolti nell’organizzazione di queste nuove strutture, un elemento che fa ben sperare per il futuro, se anche la politica e gli amministratori sapranno supportare questa riforma che se attuata dovrebbe finalmente ricostruire un’assistenza territoriale che nel corso degli ultimi vent’anni in Lombardia è stata fortemente penalizzata e trascurata.
L’indagine, avviata dal Mario Negri, proseguirà nei mesi a seguire e i risultati saranno periodicamente resi pubblici.