Nei prossimi mesi le parole inizieranno a concretizzarsi in progetti e cantieri: Case di comunità, Ospedali di Comunità e Cot cambieranno il volto della sanità italiana. Tuttavia il Ssn, un po’ come il corpo umano, ha bisogno di molto di più di viso, braccia e gambe per funzionare. Ha bisogno di cuore, polmoni, vene e arterie, di organi e apparati che, coordinandosi, riescono a rendere il corpo quella realtà straordinaria e ad elevatissima efficienza che conosciamo. Nella prima puntata del 2023 di Sanitalk le riflessioni di Luciano Pletti (Card), Francesco Saverio Mennini (Sitha), Paolo Petralia (Fiaso) e Arturo Cavaliere (Sifo) affinché il cambiamento del Ssn non sia solo di facciata e, per questo, condannato a invecchiare presto e male.
Il 2023 sarà un anno strategico in termini di pianificazione e progettazione di alcuni degli interventi più importanti per la sanità di prossimità previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e dal DM77. Entro marzo 2023, ad esempio, è prevista l’approvazione dei progetti idonei per indire la gara per le case di comunità ed entro dicembre la stipula dei contratti per la loro realizzazione. Stesse tempistiche per gli ospedali di comunità, mentre a giugno è attesa la stipula dei contratti per la realizzazione delle centrali operative territoriali. Insomma, alla fine dell’anno il Servizio sanitario nazionale compirà il suo giro di boa e avrà tre anni di tempo per realizzare tutti gli obiettivi fissati dal Pnrr.
Tra gli stakeholder, tuttavia, restano forti le perplessità rispetto a quanto questi progetti possano davvero portare il Ssn italiano a risollevarsi dalle ceneri a cui anni e anni di tagli e mancati investimenti l’hanno condannato. Se ne è parlato anche nella prima puntata del 2023 di Sanitalk, il progetto realizzato da Sics Editore con il supporto di Alfasigma per approfondire le questioni più cogenti della nostra sanità. Ospiti della puntata, condotta da Corrado de Rossi Re, sono stati Luciano Pletti, vicepresidente vicario della Card (Confederazione Associazioni Regionali di Distretto), Francesco Saverio Mennini, presidente della Sihta (Società italiana di Health Technology Assessment), Paolo Petralia, vicepresidente vicario della Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) e Arturo Cavaliere, presidente della Sifo (Società italiana di farmacie ospedaliere).
“Il timore di molti è che questo processo di ristrutturazione possa limitarsi agli aspetti strutturali, agli edifici, che saranno tuttavia lasciati spopolati – in parte o in toto – rendendo di fatto quelle strutture poco utili al cambiamento”, ha esordito Luciano Pletti, che tuttavia ha voluto scorgere in quanto sta accadendo anche motivi per essere ottimista: “Credo sia in atto un forte stimolo fisico al cambiamento. Finalmente si è rivolta un po’ di attenzione al territorio e ai distretti, sempre lasciati in secondo piano, anche quando si trattava di finanziamenti. È chiaro che a queste innovazioni strutturali e fisiche va ora affiancata una revisione organizzativa, cosa non semplice in un paese in cui il patrimonio umano e professionale si è progressivamente impoverito. Per questo la parola d’ordine, ora, è ‘personale’”.
Per Pletti, però, non c’è solo necessità di rafforzare gli organici, va anche assicurata un’adeguata formazione che “deve riguardare, anzitutto, il livello gestionale, prima ancora di quello operativo”. “Dobbiamo – ha detto l’esponente della Card – rafforzare la figura dei direttori di distretti, che avranno una funzione di regia strategica, perché il sistema assistenziale è come il cubo di Rubik: qualcosa di sfaccettato in cui ogni movimento comporta cambiamenti sulle altre facce. Il ruolo del direttore del distretto è quindi un ruolo ‘integrante’, che deve concretizzarsi nella capacità di ricondurre il tutto a un’unica strategia di intervento”.
Per garantire l’acquisizione di queste capacità, per il vice presidente vicario della Card è necessaria “una formazione mirata che permetta di acquisire competenze specifiche. Anche per questo riteniamo importante la costituzione di un albo dei direttori di distretto”, ha concluso Pletti.
Sulla problematica del personale e sulla necessità di individuare un chiaro modello organizzativo che permetta di fare muovere in modo coordinato tutte le particolazioni del Ssn si è espresso anche Paolo Petralia: “Non si fa altro che parlare di costruzione di edifici, di infrastrutture, di tecnologia, ma tutto questo richiede l’apporto di professionisti, competenze e capacità di fare rete. Elementi che devono essere in campo da subito, in maniera precisa e puntuale, se si vuole rendere efficace il lavoro di messa a terra di tutta questa progettualità disegnata dal Pnrr e dal Dm77”.
Per il vicepresidente vicario della Fiaso quella che stiamo vivendo è un’opportunità ma al tempo stesso una sfida: “Una di quelle sfide che si giocano insieme e si devono vincere insieme. Non possiamo pensare che la responsabilità dell’attuazione del Pnrr sia soltanto delle Regioni o delle direzioni aziendali. Insieme a noi devono esserci tutti quei professionisti e quei responsabili che, nei diversi livelli, con le proprie competenze, possono apportare il loro contributo”.
Le principali preoccupazioni che i manager delle aziende pubbliche italiane esprimono nei confronti della concretizzazione del progetto Pnrr riguardano proprio “la capacità di coordinarsi rispetto ai percorsi differenti che sono stati pensati a livello regionale per portare a termine le fasi di contrattualizzazione e poi di attuazione dei singoli progetti”. Soprattutto i manager si chiedono “come tutto questo si possa coniugare e rapportare con l’attività ordinaria”. Un’attività ordinaria che, sottolinea Petralia, “è già in sofferenza per la carenza di risorse umane e che si trova a rispondere alla richiesta di un ulteriore sforzo per portare a compimento questo nuovo impegno, che è assolutamente prioritario ma non sostitutivo dell’attività quotidiana”. La realizzazione di tutto questo percorso, per il vicepresidente della Fiaso, “mette sempre più alla prova la capacità di tenuta del nostro sistema, sia a livello aziendale che regionale. Questo ci preoccupa, sia in considerazione delle necessità di rispettare gli obiettivi, ma anche e soprattutto in termini di efficacia, qualità e valore delle singole iniziative ed aziende”.
Francesco Saverio Mennini ha evidenziato come quello del personale sanitario sia, peraltro, un problema che attiene ogni ambito: “Manca il personale specialistico, medici e infermieri. Siamo ampiamente al di sotto della media dei principali Paesi europei e sarà necessario capire come superare questo gap strutturale, altrimenti nessun progetto porterà i vantaggi attesi”. Mennini ha rimarcato come non sarà sufficiente fare crescere gli organici numericamente: “Va eseguita una attenta analisi dei bisogni e anche della distribuzione geografica del personale, perché sappiamo che oggi c’è una differenza molto forte tra le Regioni e questo rende particolarmente deboli i sistemi sanitari di certi territori”.
Il presidente della Sihta non poteva certo dimenticare di parlare di un aspetto che invece resta spesso trascurato in Italia, quello della digitalizzazione. “Le nuove strutture e centri che si andranno ad aprire dovranno essere collegati tra di loro. Una sanità efficiente richiede un passaggio di informazioni. La grande sfida, allora, non sarà tanto quella di rispettare le tempistiche dettate dal Pnrr, quanto di assicurare che alla scadenza dei termini queste strutture siano davvero in grado di funzionare”. Questo significa, per Mennini, “iniziare a ragionare, a livello di programmazione, sulla definizione del fabbisogno reale di assistenza sanitaria che verrà richiesta a ciascuna struttura, realizzando un sistema in grado di raccogliere dati, di comunicare con gli altri centri e in grado di garantire a un attendo monitoraggio che consenta di misurare le prestazioni erogate e le performance ottenute”.
L’auspicio di Mennini è che in questo nuovo corso si possa anche vedere finalmente realizzato e uniformato “un approccio coerente per quanto riguarda la valutazione delle tecnologie” disegnando, “tanto a livello centrale quanto a regionale e locale”, un percorso di valutazione delle tecnologie che permetta ai decisori di “essere correttamente informati sul vantaggio che può derivare da utilizzare una tecnologia piuttosto che un’altra”. Vantaggio che, ha evidenziato il presidente della Sihta, “è in prima battuta per il paziente, in termini di efficacia, ma anche economico e non solo in termini stretti, come spesa sanitaria o costo delle prestazioni, ma come individuazione e focalizzazione dell’attenzione di modelli organizzativi gestionali efficienti. Questo – ha garantito Mennini – è uno degli aspetti su cui la nostra Società focalizzerà l’attenzione e che deve riguardare ogni ambito: farmaci, dispositivi medici, programmi di screening e di vaccinazione, prevenzione e quant’altro”.
Sulla necessità di individuare con chiarezza il fabbisogno, non solo di personale ma anche assistenziale, ha insistito anche Arturo Cavaliere: “E’ assolutamente fondamentale avere capacità di programmazione, che può e deve essere fatta attraverso la stratificazione del rischio e il bisogno di salute”. Nelle aziende sanitarie, ha sottolineato il presidente della Sifo, “esistono già tutte le informazioni necessarie per poter ottemperare a una programmazione puntuale e coerente con i reali fabbisogni. Conosciamo i flussi sanitari, il flusso della farmaceutica sia convenzionale che diretta, abbiamo le Sdo e la diagnostica di laboratorio. Eppure non esiste ancora un sistema per mettere insieme queste informazioni”. Un obiettivo su cui la Sifo ha già iniziato a ragionare e lavorare: “I professionisti del settore e i servizi farmaceutici, sia ospedalieri che territoriali, possono diventare un supporto straordinario per le direzioni strategiche per la programmazione sanitaria”, ha detto Cavaliere.
Nello specifico della Società che rappresenta, Cavaliere ha poi rivendicato un ruolo per i farmacisti: “Nel DM 77 non è prevista una piena integrazione di tutti i professionisti all’interno dei nuovi luoghi di cura. Sappiamo che la centrale operativa territoriale sarà affidata essenzialmente agli infermieri, ma non comprendiamo come questa cabina di regia possa essere un efficace punto di transizione tra l’intensità ospedaliera, i dipartimenti di prevenzione e i distretti se non si integra con i professionisti che fanno assistenza diretta e indiretta in questi ambiti”. Il presidente della Sifo ha argomentato portando ad esempio il ruolo che possono svolgere i farmacisti ospedalieri nel monitoraggio non solo dei processi, ma anche degli esiti di una prescrizione farmaceutica. O al necessario coinvolgimento dei farmacisti per la realizzazione di una sanità di prossimità che dovrà necessariamente contemplare modelli di home deliveri. “Manca una regia – ha detto Cavaliere -. Una regia in grado di dare corpo a una squadra, che sappia valorizzare le professionalità e muoverle come elementi, tutti fondamentali, di una scacchiera il cui l’obiettivo finale è la cura”.
I passi da compiere, dunque, sembrano ancora tanti. E per muoverli, secondo Luciano Pletti, “sarebbe anzitutto urgente cercare di capire come ci siamo arrivati all’attuale situazione in cui il Ssn sta sempre più scivolando verso la privatizzazione”.
Per Francesco Saverio Mennini bisognerebbe prendere definitivamente consapevolezza che l’errore degli ultimi 25 anni è stato non considerare la sanità come un investimento. “Investire in sanità invece – ha osservato il presidente della Sihta – vuol dire garantire l’accesso alle migliori tecnologie e accede alle migliori tecnologie significa migliori outcome. Il risultato? I pazienti guariscono, si riducono le disabilità, si incrementa la produttività, si attraggono maggiori investimenti nel lungo e medio periodo. In definitiva, si hanno dei vantaggi incredibili dal punto di vista individuale, sociale ed economico”. La spesa sanitaria, per Mennini, “non deve più essere una voce di spesa pubblica, ma una voce di investimento”.
Un cambio di paradigma che renderebbe il nostro Paese anche più attrattivo, contribuendo così anche alla valorizzazione del personale sanitario e a risolvere il fenomeno della fuga dalle professioni sanitarie. “Abbiamo la necessità di migliorare il reclutamento del personale – ha detto Paolo Petralia chiudendo l’incontro – e dobbiamo farlo offrendo a chi vuole intraprendere questo percorso condizioni e contesti di lavoro migliori. Non è un caso se la crescente espansione del fenomeno delle aggressioni e della violenza nei confronti degli operatori sanitari si innesta su uno scenario di difficoltà operative, i cui si sono persi di vista anche i valori di riferimento che erano alla base di alcune professioni e del loro riconoscimento”.
Lucia Conti
Mi sembra corretto il punto di vista di chi vede i approccio alla sanità territoriale come tante facce diverse di un cubo in grado di influenzarsi reciprocamente e attribuisce una funzione di stratega al direttore distretto che deve a sua volta essere in grado di aver una visione sistemica della sanità e della salute per mettere insieme tutto i pezzi che possono farla funzionare . Un primo importante strumento di rotaggio e aggregazione è attivare i pacc per consentire una presa n carico del pz cronico dando unitarietà di intervento sinergico tra professionisti che ruotano intorno al pz
la presa in carico delle cronicità attraverso l’introduzione dei pacc all’interno dei distretti sanitari costituisce al momento l’unica risposta efficace alla complessità ,ma di cui non si vede traccia ancora in troppe realtà sanitarie territoriali. Eppure costituiscono il paradigma della medicina di iniziativa oltre che il miglior strumento di lavoro per le case della salute. In termini più concreti si consente ai pz. diabetici, ipertesi,etc, di poter effettuare in pochi giorni tutte le prestazioni specialistiche previste dal pacc di riferimento per quella determinata patologia cronica, inquadrate in un PDTA.Non solo, ma la presa in carico consente di seguire nel tempo tale schiera di pazienti utilizzando i circuiti interni di prenotazione, attraverso la figure del case manager . Questa premessa porta diritto al problema della gestione delle liste di attesa che non troverà mai risposta incrementando solo l’offerta , ma prendendo concretamente in carico le cronicità , il che vuol dire in soldoni togliere i relativi pazienti, presi in carico, proprio dal perverso circuito delle liste di attese. A ciò si aggiunga che il distretto può includere anche i centri accreditati riservando parte delle attività erogate a favore dei cronici, inclusi quindi in un sistema interno di prenotazione. Queste sono le prime importanti azioni della funzione di governo chè non è ulteriormente dilazionabile per dare risposte non frammentate ma complessive alla gestione delle cronicità.