Ricerca FIASO-IEN sullo sviluppo del wellness organizzativo nel post-Covid.
Per i dipendenti delle Aziende sanitarie lo smart working, sperimentato nel corso della pandemia da Covid-19 dal 9,5% dei dipendenti delle Aziende comprese nel campione esaminato, è stato un’esperienza di successo. Ora è il momento di rendere questa modalità di lavoro ancora più accessibile ed efficace. L’85% dei dipendenti delle Aziende che hanno adottato il lavoro agile dichiara, infatti, di esserne soddisfatto e il 90% vorrebbe continuare a lavorare in smart working anche nel post-Covid. Il 42% si è sentito più produttivo rispetto al lavoro in presenza, l’83% sostiene di aver migliorato le proprie competenze.
A tracciare un bilancio positivo sullo smart working nelle Aziende sanitarie sono i primi risultati del Progetto di ricerca-intervento per lo sviluppo del Wellness Organizzativo nel post emergenza Covid, condotto dalla Federazione delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO) in collaborazione con l’Istituto Europeo Neurosistemica (IEN).
Alla soddisfazione per il ricorso allo smart working si accompagna la richiesta di migliorare questa modalità organizzativa implementando interventi specifici per renderla più accessibile ed efficace(66%),riguardanti in particolare il miglioramento dei sistemi informativi (65%), la formazione del personale sull’uso delle tecnologie (38%), lo sviluppo della capacità dei dipendenti di condivisione di dati e informazioni (34%), delle competenze tecniche dei dipendenti (34%), delle competenze manageriali dei dirigenti (31%). Ma c’è attenzione anche per azioni che promuovano la responsabilizzazione dei dipendenti (29%), la revisione dell’assegnazione di obiettivi e la valutazione dei risultati (28%), la revisione delle procedure (24%), la riorganizzazione dei posti di lavoro (23%) e la formazione degli utenti sull’uso delle tecnologie (11%).
“Lo smart working è un esempio di quanto le nuove tecnologie possano mettere a nostra disposizione per contribuire a garantire la continuità del lavoro anche in un periodo complesso come quello pandemico, che ha visto il distanziamento sociale come unica misura efficace per il contenimento del contagio prima dell’arrivo dei vaccini”. Così Francesco Ripa di Meana, Presidente di FIASO, ha commentato i primi risultati della ricerca, illustrati ieri nel corso di un Webinar FIASO dedicato allo smart working e al suo futuro nelle Aziende sanitarie, al quale hanno partecipato in qualità di relatori lo stesso Ripa di Meana, Marco Rotondi, Rosa Magnoni, Giuditta Mazzi, Domenico De Masi. Il webinar è stato una occasione per valutare i risultati della ricerca e riprendere il confronto, a partire da nuovi elementi di analisi e valutazione, per capire se e quanto lo smart working abbia le carte in regola per essere uno strumento a disposizione delle Aziende sanitarie anche nel post emergenza.
“A distanza di un anno – ha proseguito Ripa di Meana – possiamo affermare che lo smart working si è rivelato una soluzione organizzativa vincente, che ha consentito di ottimizzare la produttività, migliorando la soddisfazione dei dipendenti. Un punto di partenza per guardare a nuovi traguardi, con l’auspicio che il PNRR sia l’occasione giusta per mettere a sistema questo genere di innovazione, ma anche per porre l’accento sulla formazione, sul capacity building, sulle competenze manageriali, temi sui quali FIASO è schierata da sempre con determinazione”.
Il progetto sul Wellness organizzativo si propone, tra l’altro, di mantenere e rafforzare le buone pratiche di gestione e di sviluppo delle risorse umane adottate durante la pandemia.
Per Marco Rotondi, Presidente di IEN, “La ricerca, ricchissima per dimensione del campione ed ampiezza dei campi esplorati, ha permesso di produrre una fotografia del lavoro nelle Aziende sanitarie durante la pandemia, evidenziando esperienze, percezioni, difficoltà e aspettative di chi ha lavorato per la salute degli italiani in un momento così delicato. Fra i campi d’indagine anche lo smart working, per il quale è emerso, tra l’altro, un utilizzo quantitativamente molto significativo. Un elemento del quale tener conto per non disperdere il valore che le Aziende sanitarie sono state in grado di assicurare anche durante la pandemia”.
La ricerca quali-quantitativa, condotta nei mesi tra ottobre 2020 e febbraio 2021, ha consentito di raccogliere ed esaminare, attraverso la compilazione di un questionario online, i vissuti e le esperienze di 13.391 operatori fra amministrativi e tecnici (14%), professionisti sanitari (18%), infermieri (43%), medici (13%) e Oss/Ota (10%) dipendenti di 16 Aziende sanitarie distribuite in 9 Regioni del territorio nazionale: Piemonte (ASL Vco), Liguria (ASL 2 Savonese), Lombardia (ASST Mantova, ASST Valcamonica, ASST Vimercate), Veneto (AOU Verona), Trentino Alto-Adige (APSS Trento), Emilia-Romagna (AOU Ferrara, AOU Parma, Azienda USL di Bologna, IRCCS IRST Meldola), Toscana (AOU Pisana), Lazio (ASL Rieti, ASL Viterbo) e Puglia (AOU di Bari, ASL di Taranto).
Per Domenico De Masi, Professore emerito di Sociologia del lavoro, Università La Sapienza di Roma, “Dalla ricerca, condotta con grande accuratezza, emerge quanto nel SSN sia stato compreso il valore straordinario dell’innovazione. Durante la pandemia abbiamo assistito a un grande esperimento planetario, che ha coinvolto più di un miliardo e mezzo di persone e dal quale le imprese intelligenti riceveranno stimoli per lavorare in modo virtuoso. E oggi possiamo riconoscere che il telelavoro ha contribuito in modo determinante a salvare non solo la salute, ma anche l’economia, la scuola, i servizi e l’ambiente”.
Lo smart working nelle Aziende sanitarie: i numeri
Dalla ricerca FIASO-IEN emerge che il 9,5% (1.267) dei dipendenti delle Aziendeaderenti al progetto ha lavorato in smart working e, di questi, l’8% lo ha fatto parzialmente. Inoltre, il 55% (7.353) del campione ha lavorato in Area Covid – con un 30% che lo ha fatto solo in parte – mentre il 36% ha operato in altre aree. Il 65% di quanti hanno lavorato in smart working sono amministrativi e tecnici, il 28% sanitari (19% professionisti sanitari, 5% infermieri, 4% medici), mentre il 6% ricopre altre mansioni.
Per l’88% di quanti hanno risposto ai questionari lo smart working èstatointrodotto per la prima voltacon l’emergenza da Covid-19, per il 12% questa modalità lavorativa era già attiva prima della pandemia.
Fra le Aziende aderenti al progetto, hanno fatto maggiormente ricorso allo smart working in corso di pandemia l’IRCCS IRST Meldola (50,9%), l’Azienda Usl di Bologna (14,8%), l’Apss Trento (12,4%) e l’ASL di Rieti (12,3%).
Maggiore produttività e accrescimento delle competenze: un primo bilancio, fra opportunità e prospettive di miglioramento
L’85% dei dipendenti delle Aziende che hanno adottato il lavoro agile dichiara di esserne soddisfatto. Le risposte al questionario evidenziano che lo smart working ha consentito di migliorare produttività e competenze dei dipendenti, tanto da suggerirne e auspicarne l’adozione anche al termine della fase emergenziale della pandemia.
Il 93% degli intervistati dichiara di aver raggiunto gli obiettivi del proprio lavoro durante lo smart working, nel 48% dei casi assegnati o concordati con il proprio responsabile, nel 39% autoposti dal dipendente. Solo il 6% sostiene di averli rispettati parzialmente. Inoltre, l’87% dice di essersi sentito produttivo, con un livello pari al lavoro in presenza (45%) o persino maggiore (42%), mentre per il 13% la produttività raggiunta con il lavoro in remoto è stata minore.
Per l’83% degli intervistati lo smart working ha permesso l’accrescimento delle competenze autorganizzative (52%), tecnologiche e informatiche (42%), di sviluppo del benessere personale (23%), ma anche relazionali (7%), professionali generaliste (3%), specialistiche (5%) e manageriali (4%), mentre il 17% sostiene di non aver migliorato alcuna competenza. Una piccola parte di quanti hanno risposto ai questionari ha aggiunto, inoltre, di aver sviluppato la capacità di conciliazione fra vita lavorativa e privata, di aver lavorato con più entusiasmo in un clima di maggiore fiducia e responsabilità, ma anche di essersi sentito più isolato.
Tra quanti vorrebbero ricorrere allo smart working anche una volta superata l’emergenza (90%), il 37% vorrebbe farlo due giorni a settimana, il 22% tre giorni, il 17% un giorno, il 6% quattro giorni, l’8% tutti i giorni. Il restante 10%, invece, vorrebbe rinunciare del tutto a questa modalità nel post-Covid.
Soddisfazione è stata espressa anche per il ricorso alle riunioni online convocate durante l’emergenza Covid (86% contro il 14%), ancora una volta caso manifestando la volontà di proseguire su questa strada anche nel post-pandemia: il 36% di quanti hanno risposto dichiara di voler continuare a condurre online fra il 31 e il 60% delle riunioni, il 33% meno del 30%, il 15% fra il 61 e il 99%, l’8% vorrebbe che si tenessero tutte in remoto, mentre l’8% nessuna.
Con il Decreto proroghe più flessibilità nelle PA sul ricorso al lavoro agile
Il lavoro agile sembra essere destinato, quindi, a sopravvivere anche al termine dell’emergenza. A dimostrarlo, peraltro, l’entrata in vigore a partire dal primo maggio, delle nuove norme sullo smart working disciplinate dall’art. 1 del D. L. 30 aprile 2021, n. 56 (il cosiddetto “Decreto proroghe”). Il nuovo testo incoraggia la flessibilità organizzativa delle Pubbliche amministrazioni nel ricorso al lavoro agile, ancorandola non più alla soglia minima del 50% ma al rispetto dei principi di efficienza, efficacia e customer satisfaction. Fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi, le amministrazioni pubbliche potranno ricorrere alle modalità semplificate relative al lavoro agile (di cui all’articolo 87 del D. L. n. 18 del 2020) sino al 31 dicembre 2021. A partire dal 2022, la norma conferma l’obbligo per le amministrazioni di adottare i Piani organizzativi del lavoro agile (Pola) entro il 31 gennaio di ogni anno, riducendo dal 60% al 15% la misura minima di attività da svolgere in lavoro agile, aumentando la capacità organizzativa delle singole amministrazioni e prevedendo che in caso di mancata adozione del Pola il lavoro agile sia svolto da almeno il 15% del personale che ne faccia richiesta.